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Il benessere psicologico oggi

La pandemia e le restrizioni che ne sono derivate ci hanno portato a un radicale cambiamento nelle abitudini, nella quotidianità e nelle relazioni. Costretti a stare a casa abbiamo dovuto riadattarci e reinventarci, a volte anche interrogarci sulle nostre priorità e sui nostri valori.
Situazioni di elevato stress attivano in ciascuno di noi reazioni di allarme, paura, impotenza, a volte mettiamo in atto anche comportamenti disorganizzati.
È quindi, normale provare emozioni intense, avere reazioni di sconforto, sentire che non ce la faremo ma è importante prendere questo momento come un momento di trasformazione perchè una volta superata l’attivazione fisiologica iniziale entra in gioco il nostro sistema di sopravvivenza, attraverso il quale si cerca di attivare le risorse personali insite in ciascuno di noi per risollevarci e orientarci nuovamente nel futuro.
Pertanto gli eventi che ci accadono influiscono notevolmente sulla nostra vita quotidiana e a volte possono essere percepiti come una minaccia alla nostra incolumità, soprattutto in un momento come quello che stiamo vivendo, il nostro benessere psicofisico può venire compromesso in modo consistente, abbiamo la percezione che la nostra sicurezza, per un motivo o per un altro, venga a mancare.
Il nostro benessere riguarda ogni aspetto della nostra vita: quello fisico, quello psichico e quello sociale, e ogni cambiamento può essere vissuto in maniera positiva, come occasione di crescita, oppure in maniera negativa ed essere percepito come fonte di disagio e pericolo.
Quando allora si può affermare che siamo in uno stato di benessere psicologico?
Quando siamo in grado di affrontare la vita con un grado di serenità e sicurezza che ci consente di fronteggiare le difficoltà e le sofferenze mantenendo un atteggiamento positivo con noi stessi e con gli altri. Quando stiamo bene, ci riconosciamo in ciò che facciamo e consideriamo i nostri comportamenti come soluzioni adeguate agli eventi della vita con cui ci confrontiamo.

Stili d’attaccamento e relazioni interpersonali in un campione femminile con disturbi alimentari

Fabbro Nerina, Armatura Cecilia, Campostrini Valentina, Lecchi Sara, Piccardi Marica in Cognitivismo Clinico (2010) 7,1, 36-61

Parole chiave: Attaccamento, disturbi alimentari, relazioni interpersonali

Introduzione: Negli ultimi decenni i disturbi alimentari hanno stimolato una crescente attenzione a causa dell’elevata diffusione nella popolazione adolescenziale e giovanile, in particolare quella femminile. I disturbi alimentari sono patologie la cui eziologia è molto complessa ed entrano in gioco diversi fattori, in particolar modo si individua nelle relazioni famigliari l’elemento determinante nell’insorgenza di queste patologie.
È stato dimostrato negli anni che le ragazze con comportamenti alimentari disfunzionali instaurano, con le proprie figure genitoriali, uno stile di attaccamento di tipo insicuro, a differenza delle altre ragazze che tendenzialmente instaurano un legame sicuro. La teoria dell’attaccamento diventa una guida per identificare quali elementi e quali caratteristiche genitoriali entrano in gioco nell’insorgenza dei DCA, in particolare i modelli di attaccamento insicuro giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo dei sintomi anoressici e bulimici. Si pensa che questi sintomi dei disturbi del comportamento alimentare possano essere considerati dei comportamenti finalizzati alla ricerca della vicinanza con le figure di riferimento. L’insicurezza che si viene a sviluppare in queste ragazze porta allo sviluppo di caratteristiche di personalità caratterizzate da scarsa fiducia in sè e negli altri, rabbia, perfezionismo, impulsività che vanno poi ad incidere sull’insorgenza e mantenimento di comportamenti alimentari patologici.
Con il presente lavoro si vuole indagare la qualità dello stile di attaccamento delle ragazze prese in esame, con i loro genitori, quanto lo stile appreso in età infantile influisce sulle relazioni interpersonali e di conseguenza valutare qual è lo stile di attaccamento instaurato con gli altri e con il partner.
Il campione è composto da 59 ragazze di età compresa tra i 12 e i 42 anni; il campione sperimentale è composto da 30 soggetti certificati con DCA (BN e AN).
A entrambi i campioni è stata somministrata una batteria di test volta a indagare gli stili di attaccamento e la presenza di sintomi riferiti ai disturbi alimentari.
Risultati e conclusioni: Come la letteratura ha dimostrato in precedenza, anche dai nostri dati è emerso che per quanto riguarda le relazioni interpersonali le ragazze del gruppo clinico hanno mostrato una predominanza di attaccamento insicuro, La qualità della cura percepita dalle ragazze con DCA interferisce sulla relazione che hanno con i genitori, confermando la letteratura, vediamo la presenza di una madre iperprotettiva e controllante e la presenza di un padre distaccato. Le ragazze con DCA, inoltre, vivono le relazioni di coppia con un livello di ansietà paragonabile alle ragazze normali ma tendono ad evitare questo tipo di relazioni, in quanto lo stile di personalità che queste ragazze hanno sviluppato si basa su credenze di perfezionismo e di controllo, particolarmente preoccupate del giudizio degli altri e insicure della propria identità sono ragazze che pongono enfasi sul far conto solo su se stesse, confermando la convinzione di relazioni con gli altri significativi basate sulla freddezza e sul rifiuto.
Dai dati ottenuti sembrerebbe che l’età sia una variabile significativa nel determinare lo stile di attaccamento sia nella popolazione in generale che in quella patologica.
Infine, tra le ragazze ospedalizzate e non, ci sono differenze generali nelle relazioni interpersonali ma non con genitori o nelle relazioni di coppia.

BIBLIOTERAPIA: QUANDO I LIBRI ENTRANO NELLA PRATICA CLINICA

Oggi la pratica della biblioterapia è molto diffusa sia come autoaiuto, ovvero come strumento di crescita personale e autocura. Sia come mezzo utilizzato all’interno di un contesto terapeutico.

Nasce negli anni trenta, quando Il dottor Menninger, psichiatra americano, cominciò ad indicare delle letture ai propri pazienti come supporto al trattamento di diversi disturbi psichiatrici.
In ambito psicoterapeutico la biblioterapia consiste nell’utilizzare i libri nell’ambito della relazione terapeutica come ulteriore strumento di cura. Il libro diventa uno strumento condiviso da paziente e terapeuta pensato appositamente per il singolo e per il momento che stava vivendo.

Il compito della psicoterapia è quello di aiutare il paziente a comprendere se stesso e ad essere consapevole del suo funzionamento generale nonché dei meccanismi che implicano il perdurare di questa sofferenza e di conseguenza accompagnare e stimolare un cambiamento che porta a un nuovo modo di essere più funzionale.
La biblioterapia, in ogni fase di questo percorso, può essere un valido strumento del terapeuta.

Può aiutare chi legge a dare parole e un senso alla propria sofferenza. Può aiutare a rendere consapevole il lettore dei suoi meccanismi e di come agisce la sua sofferenza nella vita. Può essere uno stimolo al cambiamento e, infine, può essere uno stimolo per favorire una continua riflessione su di sé e per il mantenimento di uno stato di benessere.

La biblioterapia diventa, quindi, in mano del terapeuta, una tecnica per favorire l’introspezione nel paziente.
Leggere un libro implica entrare in contatto e confrontarsi con un mondo di emozioni intense che accompagnano le vicende dei protagonisti
Attraverso il racconto di una storia, si indaga il vissuto emotivo e cognitivo dei personaggi, si delineano le conseguenze del loro sentire e del loro agire. Viene stimolata la riflessione grazie all’immedesimazione e al confronto con i personaggi, con i contesti e con le storie che vivono.
Il racconto permette di esporsi ad emozioni che magari ci riguardano da vicino ma che non si ha il coraggio di affrontare, proprio perché è più facile riconoscerle in qualcosa che è “altro da sé” piuttosto che su se stessi.
Chi non ricorda la frustrazione di Zeno nel non riuscire a smettere di fumare, l’ossessione del capitano Achab o le tormentate passioni di Madame Bovary.
La biblioterapia diventa, quindi, una tecnica per favorire l’introspezione nel paziente e raggiungere una maggiore consapevolezza di sè.
L’indicazione di lettura è, perciò, un vero e proprio homework!

L’efficacia della biblioterapia è ormai assodata per diversi disagi psicologici quali stress, ansia, rabbia, relazioni di coppia e la sua efficacia aumenta se collocata all’interno di un percorso di psicoterapia che accompagna e guida il paziente nel corso della lettura nel processo di cambiamento.
Alcuni titoli utili a cui fare riferimento per cogliere qualche spunto di riflessione possono essere i seguenti:

  • Pillole di Carta e Celluloide. Libri e film per curare la propria mente.
  • I libri si prendono cura di noi.